Tutti possiamo essere digitali

Fortune Italia

Negli ultimi cinque anni McKinsey ha cambiato pelle. Una trasformazione guidata dalla digitalizzazione che ha riscritto le regole della consulenza strategica. Nel segno della formazione continua, a prescindere dall’età anagrafica, e di un rapporto sempre più stretto con le aziende-clienti.

Nel numero di Fortune Italia un’intervista a Massimo Giordano, che dal 2018 è alla guida dell’ufficio del Mediterraneo di McKinsey & Company: azienda che è tra le prime al mondo nella consulenza strategica alle imprese. Dalle acquisizioni dell’azienda all’open innovation, dall’intelligenza artificiale al restructuring, Giordano spiega come il ruolo del consulente sia cambiato: “non più solo raccomandazioni, ma un supporto finalizzato a eseguire le raccomandazioni. Non ci sostituiamo mai all’azienda, ma la aiutiamo a realizzare i suoi obiettivi e a sviluppare le competenze di cui ha bisogno”.

E in questo lavoro, secondo Giordano, è indispensabile smontare un luogo comune. “Le competenze digitali non riguardano solo i giovani: non è vero, ad esempio, che solo loro utilizzano i canali digitali, pensarla così sarebbe un grave errore di mercato. Inoltre, tutti noi dovremmo lavorare per aiutare anche le persone con profili professionali più maturi a riqualificarsi. È un tema a cui tengo tantissimo. Le aziende dovranno rivestire un ruolo trainante nella riqualificazione”

Il design è denaro

McKinsey.it

Per essere competitivi occorre ripensare il modello di servizio, focalizzandolo sul cliente, attraverso continui test e momenti di ascolto. Le aziende che integrano questa attività nel cuore del business, vedono aumentare i ricavi più velocemente. Come dimostra una ricerca del colosso McKinsey.

In un mondo sempre più digitale, che costringe le aziende a reinventare continuamente le modalità d’interazione con i propri clienti, il design ha un ruolo sempre più centrale. È la convinzione della società di consulenza globale McKinsey, che a questo ambito ha dedicato una serie di studi. Quali sono le regole da seguire e le strategie vincenti quando si (ri)disegna il modello di servizio? Forbes lo ha chiesto ad Andrea Peyracchia e Gianluca Brugnoli, rispettivamente partner e chief experience designer di Digital McKinsey.

Smart Working: opportunità e benefici del lavoro agile per lavoratori e imprese

ip4fvg.it

La tecnologia e la digitalizzazione delle esperienze stanno rivoluzionando il modo di lavorare, la struttura delle organizzazioni, gli spazi fisici e logici dell’azienda.

Secondo stime recenti, nel 2022 il 65% della forza lavoro europea sarà composta da “mobile worker” e in Italia i professionisti che opereranno in mobilità saranno 10 milioni.

Ma quanto sono pronte le aziende regionali a recepire questo cambio di paradigma?

L’evento intende esplorare le opportunità offerte dallo smart working da diverse prospettive: da un lato offrire un aggiornamento normativo per comprendere il significato e i confini del lavoro agile, dall’altro esplorare le tecnologie a sostegno di questa innovativa modalità di lavoro, presentando strumenti e casi concreti, tratti direttamente dalle esperienze di aziende e enti regionali che hanno fatto ricorso con successo al lavoro agile.

L’incontro è organizzato da IP4FVG – il Digital Innovation Hub del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il DIH DIEX dedicato all’Advanced Manufacturing.

12 March 2019 – Via Borgo S. Antonio, 17 Pordenone

La lezione delle superstar della redditività

McKinsey.it

Il divario tra leader e inseguitori non solo è difficile da colmare, ma si sta ampliando negli anni. Per colmare questo divario, le aziende dovrebbero investire in alcune aree cruciali: digitalizzazione, talenti e competenze, allocazione dinamica delle risorse.

A livello mondiale, il 65% degli utili ante imposte fa capo a meno di 6mila società capaci di generare, ognuna, un fatturato annuo superiore al miliardo di dollari. All’interno di questo club di giganti, ce n’è uno ancora più ristretto e performante, composto da un 10% di imprese che, nel loro insieme, generano l’80% del valore economico del campione preso in esame. Questo dato riassume quella che può essere definita una “dinamica delle superstar”: organizzazioni che catturano una percentuale di profitti notevolmente superiore rispetto ai concorrenti e che alimentano nel tempo un divario crescente. Queste realtà condividono alcune caratteristiche, come livelli più elevati di digitalizzazione, competenze più solide e apertura all’innovazione, maggiore partecipazione e connessione ai flussi globali di beni, capitali e servizi, crescenti investimenti in R&S e asset intangibili. Nel report “Superstars: the dynamics of firms, sectors, and cities leading the global economy“, il think tank McKinsey Global Institute ha analizzato 5.750 aziende di tutto il mondo con un fatturato annuale superiore al miliardo di dollari. (..)

L’Industria 4.0 e le nuove frontiere del Lean

McKinsey.it

L’Industria 4.0 sta trasformando il mondo del Manufacturing, rendendo ancora più cruciale il tema dell’eccellenza operativa. Come attrezzarsi per il nuovo corso?

Sergio Farioli, Partner di McKinsey & Company, è un esperto di processi industriali, Industry 4.0 e tecniche Lean. In questa intervista, condotta da Cristina Bellini di McKinsey, illustra i profondi cambiamenti che stanno interessando il Manufacturing e i vantaggi che un approccio lean può portare alle imprese.

Cristina Bellini: Le tecniche Lean sono in uso da molto tempo e non sembrano passare di moda. Che benefici possono offrire alle aziende?

Sergio Farioli: L’approccio lean, che si è andato affermando soprattutto negli ultimi vent’anni, viene utilizzato da un numero sempre crescente di aziende per incrementare la produttività, abbassare i costi e rendere gli impianti più efficienti. Una Lean transformation ben orchestrata può rivelarsi uno strumento di recupero della competitività ad altissimo potenziale: 25% di riduzione dei costi e dei tempi di consegna, 25% di aumento della qualità e 80% di crescita della motivazione del personale.

Eppure oggi, come ha evidenziato una nostra recente survey, ci troviamo di fronte a un paradosso: proprio ora che l’approccio lean sembra stabilmente radicato nel DNA delle imprese, si scopre che la maggior parte di loro fatica a raggiungere i risultati attesi (Figura 1).

Figura 1

Cristina Bellini: Questo vuol dire che le tecniche Lean stanno perdendo la loro efficacia nel complicato contesto attuale?

Sergio Farioli: No, affatto. I principi base del lean restano ancora oggi indispensabili per migliorare produttività, qualità e affidabilità delle operations e si adattano perfettamente alla nuova fabbrica digitale e all’Industria 4.0. Le cause del mancato raggiungimento degli obiettivi sono piuttosto da ricercare altrove, in particolare nelle modalità in cui queste tecniche vengono applicate.

Per fare un esempio, prima di avviare un programma Lean le aziende dovrebbero fare una valutazione attenta e obiettiva dei loro attuali processi, mindset e competenze. Il senso di questa operazione è abbastanza chiaro: solo sapendo da dove si parte è possibile sviluppare una visione realistica del futuro e definire il cammino da percorrere. Eppure la maggior parte delle imprese non svolge questo compito con la dovuta diligenza, ritrovandosi a fissare priorità sbagliate e a indirizzare in modo erroneo gli investimenti.

Cristina Bellini: Come dovrebbe essere condotta questa valutazione preliminare per risultare davvero efficace?

Sergio Farioli: In base alla nostra esperienza un buon “maturity assessment” deve seguire alcuni principi fondamentali.

Innanzi tutto deve partire dalle reali necessità dell’azienda e non dai tool disponibili. Purtroppo molte aziende seguono il percorso inverso e adottano strumenti di cui non hanno valutato appieno l’utilità nel proprio contesto specifico, e si ritrovano a usare tecnologie che poi non riescono a portare a scala e sfruttare adeguatamente. Oppure, cosa ancora più grave, adottano le tecnologie corrette, ma non forniscono al personale una formazione adeguata.

Un’altra caratteristica di un buon assessment è la capacità di identificare azioni concrete di miglioramento e non limitarsi all’analisi delle performance correnti. Scoprire che una determinata prestazione è inferiore del 20% rispetto a quella ottenuta in altri impianti può essere senz’altro utile, ma non aiuta a impostare un piano d’azione. Un assessment serio dev’essere in grado di individuare le cause di una scarsa performance e suggerire le soluzioni più appropriate, tenendo conto delle condizioni specifiche del sito in esame, che possono variare in base alla geografia, al livello d’istruzione e di esperienza della forza lavoro, al mindset e alle skill dei manager.

Infine, cosa molto importante, deve essere condotto da un team indipendente di valutatori e svolto direttamente sul campo. L’osservazione diretta, elemento chiave del Lean Management, permette di raccogliere indicazioni preziose sulle competenze diffuse e sulla cultura che si respira nel luogo di lavoro, nonché di stabilire fin da subito una comunicazione diretta con la frontline, indispensabile per ottenere miglioramenti duraturi.

Cristina Bellini: Da quanto hai appena detto emerge che le competenze e la cultura aziendale svolgono un ruolo chiave. È una mia impressione o questi elementi sono ancora spesso sottovalutati dalle aziende?

Sergio Farioli: Purtroppo è così, e questo evidenzia un nuovo ordine di problemi. Molte aziende tendono a focalizzarsi esclusivamente sul ridisegno dei processi, dimenticando che l’approccio lean è ben più articolato e coinvolge l’organizzazione a tutti i livelli. L’Industria 4.0 richiede una trasformazione profonda del modus operandi, un cambio culturale radicale che deve necessariamente partire dal top management.

Competenze e cultura, d’altra parte, sono fondamentali per il successo di qualsiasi programma di trasformazione e sottovalutarne l’impatto può avere effetti molto deleteri. Una nostra ricerca ha mostrato che perfino i programmi più attentamente pianificati possono fallire a causa di un’implementazione mediocre in termini di ownership, committment e skill (Figura 2).

Figura 2

intervista s farioli figura

Cristina Bellini: Il digitale e le nuove tecnologie stanno investendo ogni settore, compreso quello manifatturiero. Che ruolo può giocare il Lean in questa nuova fase?

Sergio Farioli: Il mondo del Manufacturing sta cambiando profondamente. Il termine Industria 4.0 è ormai entrato nel linguaggio comune e suggerisce una produzione industriale sempre più automatizzata e interconnessa. Big Data, Advanced Analytics, Internet of Things e Machine Learning, per citare solo alcune delle tecnologie che si stanno affermando con forza, offrono alle imprese nuove grandi sfide ed enormi opportunità.

Siamo tuttavia convinti che lo straordinario apporto innovativo dell’Industria 4.0 non stravolgerà il sistema produttivo che si è andato sviluppando per più di un secolo. Non a caso preferiamo parlare di “evoluzione” piuttosto che di “rivoluzione”.

Nel prossimo contesto evolutivo le aziende avranno ancora bisogno di migliorare in modo continuo la produttività, la qualità e il livello di servizio, e la pressione in questo senso non andrà attenuandosi, anzi.

Per questo le tecniche Lean, sia quelle tradizionali sia quelle evolute in ottica digitale, rimarranno protagoniste indiscusse e l’approccio Lean risulterà fondamentale per realizzare una trasformazione digitale sostenibile.

Cristina Bellini: Come ci si può attrezzare per cogliere le opportunità offerte dall’Industria 4.0?

Sergio Farioli: Tutte le aziende, dalle più grandi alle più piccole, devono intraprendere una trasformazione digitale, e questo processo non è più rimandabile, pena la perdita di competitività e l’uscita dal mercato.

Una trasformazione digitale è un processo complesso e articolato, che richiede un vero e proprio cambiamento culturale. Come dicevo prima, questo cambiamento non può che partire dai vertici, dal top management, e toccare poi tutti i livelli dell’organizzazione. Deve cambiare il modus operandi all’interno dell’azienda e per farlo è fondamentale portare le persone, attraverso una formazione adeguata e l’acquisizione di nuove skill, ad agire comportamenti diversi e ad affrontare, con la giusta preparazione, un mondo del lavoro che sta radicalmente mutando.

Molte aziende hanno avviato questo percorso, ma si sono trovate in difficoltà nel portarlo a termine. Altre vorrebbero avviarlo, ma si rendono conto di non avere le competenze necessarie per affrontarlo.

Per assistere le imprese in questo delicato processo, in McKinsey abbiamo sviluppato un’ampia gamma di soluzioni che arricchiscono e integrano il nostro più tradizionale supporto alle imprese.

Attraverso McKinsey Implementation, che è costituita da professionisti con vasta esperienza nella gestione delle trasformazioni complesse, siamo in grado di accompagnare i clienti in tutte le fasi del processo di implementazione e aiutarli a trasformare le raccomandazioni ricevute nei risultati attesi.

Con i Digital Capability Center, un network globale di centri di apprendimento per l’eccellenza operativa, offriamo ai manager la possibilità di acquisire le competenze necessarie per realizzare con successo la trasformazione digitale. I nostri centri utilizzano concept di formazione innovativi e propongono una ricca offerta di moduli dedicati alle “digital operations”. Nella Lean Experience Factory 4.0 di Pordenone, ad esempio, i manager che partecipano ai percorsi formativi vengono guidati in un viaggio esperienziale attraverso un ambiente di produzione reale e diverse aree interattive, riuscendo così a toccare con mano i benefici concreti di una trasformazione digitale.

Autori
Sergio Farioli è Partner nell’ufficio McKinsey & Company di Milano
Cristina Bellini è Digital Communications Manager.

Ecco Smact, la società che gestirà il Competence Center Triveneto

Altoadigeinnovazione.it

La Lean Experience Factory entra a far parte del Competence center del Triveneto – lo SMACT

C’erano 40 rappresentanti di enti pubblici e privati a firmare l’atto costitutivo della società consortile per azioni SMACT, pronta a gestire il Competence Center del Triveneto, che nasce con l’intento di favorire le collaborazioni tra ricerca e impresa nelle tecnologie “Industria 4.0”. Il nome della società è l’acronimo delle 5 tecnologie di cui si occuperà: Social, Mobile, Analytics, Cloud e Internet of Things. Il tutto all’interno dell’Aula Magna di Palazzo Bo, sede dell’ateneo patavino, capofila della società.

I soci fondatori di SMACT sono 8 università del Triveneto (Padova, Verona, Ca’ Foscari, IUAV, Trento, Bolzano, Udine e SISSA di Trieste), due enti di ricerca (l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e la Fondazione Bruno Kessler), la Camera di Commercio di Padova e 29 aziende private: ACCA software, Adige, Brovedani Group, CAREL Industries, Corvallis, Danieli & C. Officine Meccaniche, DBA lab, Electrolux Italia, EnginSoft, Eurosystem, Gruppo PAM, Innovation Factory, Intesa Sanpaolo, Keyline, Lean Experience Factory, Microtec, Miriade, Omitech, Optoelettronica Italia, OVS, SAVE, Schneider Electric, TEXA, TFM Automotive & Industry, Thetis, TIM, Umana, Wartsila Italia, Como Next.

Il Centro di Competenza ha ottenuto un finanziamento di 7 milioni di euro dal Ministero dello Sviluppo Economico per operare principalmente in 3 ambiti:

  • orientamento alle imprese, in particolare PMI, attraverso la predisposizione di una serie di strumenti volti a supportarle nel valutare il loro livello di maturità digitale e tecnologica;
  • formazione alle imprese, al fine di promuovere e diffondere le competenze in ambito Industria 4.0 mediante attività di formazione in aula, sulla linea produttiva e su applicazioni reali;
  • progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, proposti dalle imprese, e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico in ambito Industria 4.0, anche attraverso azioni di stimolo alla domanda di innovazione da parte delle imprese, in particolare delle PMI.

L’organo amministrativo di SMACT sarà un Consiglio di Gestione di 7 componenti guidato da Fabrizio Dughiero, prorettore dell’Università di Padova per il trasferimento tecnologico. La sede legale e amministrativa dello SMACT è al Campus Economico San Giobbe dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Il presidente del consiglio di vigilanza sarà Daniele Finocchiaro, presidente del consiglio di amministrazione dell’Università di Trento.  Il neo-presidente di SMACT ha dichiarato:

«Dopo circa due anni di lavoro, iniziato con un accordo dei Rettori del Triveneto firmato il 30 novembre 2016, finalmente trova compimento la costituzione di SMACT. Attraverso questa nuova forma di partenariato pubblico-privato si vuole far crescere la cultura digitale delle nostre imprese, soprattutto le PMI. La formazione, la dimostrazione sul campo e lo sviluppo di progetti di innovazione ad alto contenuto tecnologico saranno gli assi portanti del Centro. Da gennaio saremo già operativi con le sedi principali  di Padova, Trento/Bolzano e Trieste/Udine, dove saranno collocate le cosiddette “live demo”, vere e proprie “navi-scuola” in cui le tecnologie potranno essere toccate con mano». Dughiero ha già firmato l’accordo per la concessione del finanziamento da parte del MISE. La società sarà gestita da un management team di alta professionalità comprendente un Direttore Generale e 6 collaboratori. Il primo passo operativo di SMACT sarà la pubblicazione del bando di selezione del Direttore Generale.

Studenti di Pordenone e Udine in «Zona Digitale» per meglio orientare obiettivi e aspirazioni di carriera

Unindustria.it

Alla LEF gli studenti del 4° e 5° anno delle superiori del Pordenonese e dell’Udinese frequentano il corso “ABC della trasformazione digitale”

Pordenone, 9 dicembre 2018 – Avvicinare i giovani al futuro facendolo grazie all’accesso in una zona neutrale, la LEF – e il Digital Innovation Hub in essa ospitato – che non è né scuola né lavoro, con la leva suggestiva della trasformazione digitale: è questo il senso del corso di formazione dedicato agli studenti di dieci istituti, cinque di Pordenone e altrettanti di Udine, frequentanti il quarto e quinto anno, iniziato alla Lean Experience Factory di San Vito al Tagliamento. Ad oggi hanno già avuto modo di intervenire ISIS Malignani, ISIS Solari di Tolmezzo, ISIS D’Aronco di Gemona del Friuli, ISIS della Bassa Friulana Cervignano del Friuli, IT Bearzi Udine Via Don Giovanni Bosco, ISIS Paolo Sarpi San Vito e IIS Il Tagliamento Spilimbergo.

Una iniziativa che si inserisce nell’ambito di IP4FVG, progetto coordinato da Area Science Park che mira a supportare la digitalizzazione delle imprese. Un primo test-banco di prova che sarà certamente rafforzato in futuro. Ai giovani, dentro la LEF, vengono fornite le fondamenta teoriche della trasformazione eppoi quelle pratiche: predictive maintenance, business intelligence safety 4.0, servitizzazione di prodotto, digital quality e tutto quanto ruota attorno alla quarta rivoluzione industriale. Terminato il corso i partecipanti possederanno una prima base di competenze per comprendere il futuro e, parallelamente, qualche spunto di orientamento professionale in più. e hanno ancora a disposizione del tempo non essendo focalizzati alla maturità. Una sorta di Alternanza scuola lavoro, dato che LEF è un ambiente risk free neutral, un laboratorio adatto a far comprendere la fabbrica agli studenti delle scuole.

Leading agile transformation: The new capabilities leaders need to build 21st-century organizations

McKinsey.it

To build and lead an agile organization, it’s crucial that senior leaders develop new mind-sets and capabilities to transform themselves, their teams, and the organization.

For many organizations, surviving and thriving in today’s environment depends on making a fundamental transformation to become more agile. Those making the transition successfully are achieving substantive performance and health improvements: enhanced growth, profitability, customer satisfaction, and employee engagement.

More than any other factor, the key to a successful agile transformation is for leaders, particularly senior leaders, to develop substantially new mind-sets and capabilities. This article summarizes our guide, Leading agile transformation: The new capabilities leaders need to build 21st-century organizations (PDF–765KB), to readying leaders for agile transformations.

The agile story
Before we dive deep, it’s useful to take a broader view of agile, and particularly what sets agile organizations apart from traditional ones.

Characteristics of traditional and agile organizations
Simply put, the dominant traditional organization model evolved primarily for stability in a well-known environment. It is based on the idea of an organization as a machine, with a static, siloed, structural hierarchy that operates through linear planning and control to execute one or very few business models.

Agile organizations, viewed as living systems, have evolved to thrive in an unpredictable, rapidly changing environment. These organizations are both stable and dynamic. They focus on customers, fluidly adapt to environmental changes, and are open, inclusive, and nonhierarchical; they evolve continually and embrace uncertainty and ambiguity. Such organizations, we believe, are far better equipped than traditional ones for the future.

While there are many different forms of enterprise agility, they share some common trademarks. We have identified and enumerated these in a related article, The five trademarks of agile organizations.

Leadership in agile organizations
This new kind of agile organization requires a fundamentally different kind of leadership. Recent research confirms that leadership and how leadership shapes culture are the biggest barriers to—and the biggest enablers of—successful agile transformations.

Organizations must therefore begin by both extending and transcending the competencies that made their leaders successful in the past. Leaders need three new sets of capabilities for agile transformations. First, they must transform themselves to evolve new personal mind-sets and behaviors. Second, they need to transform their teams to work in new ways. Third, it’s essential to build the capabilities to transform the organization by building agility into the design and culture of the whole enterprise.

Transforming yourself
To fully transform yourself, several shifts will be necessary—and leaders will need to make these changes in a disciplined way.

Shifting from reactive to creative mind-sets
Changing our mind-set—or adjusting it to the new context—is no easy task, but developing this “inner agility” is essential in releasing our potential to lead an agile transformation.

Reactive, or socialized, mind-sets are an outside-in way of experiencing the world based on reacting to circumstances and other people. Creative, or self-authoring, mind-sets are an inside-out way of experiencing the world based on creating our reality through tapping into our authentic selves, our core passion and purpose.

Research shows that most adults spend most time “in the reactive,” particularly when challenged, and as a result, traditional organizations are designed to run on the reactive. To build and lead agile organizations, however, leaders must make a personal shift to run primarily “in the creative.”

There are three fundamental reactive-to-creative mind-set shifts we have found critical to foster the culture of innovation, collaboration, and value creation at the heart of agile organizations:

  • From certainty to discovery: fostering innovation. A reactive mind-set of certainty is about playing not to lose, being in control, and replicating the past. Today, leaders need to shift to a creative mind-set of discovery, which is about playing to win, seeking diversity of thought, fostering creative collision, embracing risk, and experimenting.
  • From authority to partnership: fostering collaboration. Traditional organization design tends towards siloed hierarchies based on a reactive mind-set of authority. The relationship between leaders and teams is one of superior to subordinate. Designed for collaboration, agile organizations employ networks of autonomous teams. This requires an underlying creative mind-set of partnership, of managing by agreement based on freedom, trust, and accountability.
  • From scarcity to abundance: fostering value creation. In stable markets, companies maximize their shares at the expense of others. This win–lose approach reflects a reactive mind-set of scarcity, based on an assumption of limited opportunities and resources. Today’s markets, however, evolve continually and rapidly. To deliver results, leaders must view markets with a creative mind-set of abundance, which recognizes the unlimited resources and potential available to their organizations and enables customer-centricity, entrepreneurship, inclusion, and cocreation.

A disciplined approach
While these mind-set shifts might be new and require a significant “letting go” of old beliefs and paradigms, collectively, they form a very disciplined approach to leadership. And because of inherent autonomy and freedom, leadership in agile organizations comes from a self-disciplined approach—leading not in fear of punishment or sanction but in service of purpose and passion.

Transforming your teams
Next, it’s important to learn how to help teams work in new and more effective ways.

Help teams work in agile ways
How might leaders help teams work in new and more agile ways? And what does this new way of working require of leaders? There are three essential leadership requirements that follow from all agile ways of working.

First, leaders must learn to build teams that are small, diverse, empowered, and connected. Second, leaders must allow and encourage agile teams to work in rapid cycles to enable them to deliver greater value more efficiently and more quickly. Third, leaders must keep agile teams focused on the external or internal customer and on creating value for customers, by understanding and addressing their unmet, and potentially even unrecognized, needs.

Embrace design thinking and business-model innovation
We have found that in addition to being able to lead in this new agile way of working, it is important for leaders to understand the key elements of two other relatively new disciplines: design thinking and business-model innovation.

Originating in industrial and other forms of design, design thinking is a powerful approach to developing innovative customer solutions, business models, and other types of systems. This begins with understanding the entire customer experience at each stage of the customer journey.

In organizations that are agile, each team is viewed as a value-creating unit, or as a “business.” These teams pursue business-model innovation at every opportunity, seeking new ways to meet the needs of their internal or external customers and deliver more value to employees, investors, partners, and other stakeholders.

Transforming your organization
Here, leaders must learn how to cocreate an agile organization purpose, design, and culture.

Purpose: Find the north star
The first distinctive organization-level skill leaders need to develop is the ability to distill a clear, shared, and compelling purpose—a north star—for their organization. Rather than the traditional executive-team exercise, in agile organizations, leaders must learn to sense and draw out the organization’s purpose in conversation with people across the enterprise.

Design: Apply the principles and practices of agile organization design
The second organization-level skill leaders need to develop is the ability to design the strategy and operating model of the organization based on agile-organization principles and practices. Most senior leaders of traditional companies have a well-honed skill set in this area that reflects traditional organization design as a relatively concentrated, static system: one or a very limited number of major businesses, each with a long-established business model, typically coexisting somewhat uneasily with a set of corporate functions.

To design and build an agile organization, leaders need a different set of skills based on a different understanding of organizations. They must learn to design their organization as a distributed, continually evolving system. Such an organization comprises a network of smaller empowered units, with fewer layers, greater transparency, and leaner governance than a traditional model. More specifically, leaders must learn how to disaggregate existing large businesses into a more granular portfolio; transform corporate functions into a lean, enabling backbone; and attract a wide range of partners into a powerful ecosystem.

Culture: Shape an agile organizational culture
The third organization-level skill leaders need to develop is the ability to shape a new culture across the organization, based on the creative mind-sets of discovery, partnership, and abundance and their associated behaviors.

Given the openness and freedom people experience in an agile organization, culture arguably plays an even more important role here than in traditional organizations. To shape this culture, leaders must learn how to undertake a multifaceted culture-transformation effort that centers on their own capabilities and behaviors. This includes the following steps:

  • role modeling new mind-sets and behaviors authentically
  • fostering understanding and conviction in a highly interactive way, through sharing stories and being inspired by the energy and ideas of frontline teams
  • building new mind-sets and capabilities across the organization, including among those who do not formally manage people, and weaving learning into the fabric of daily activity to become true learning organizations
  • implementing reinforcement mechanisms in the agile organization design

An agile approach to developing leaders
Many organizations start their agile pilots in discrete pockets. Initially, at least, they can build agile-leadership capabilities there. But to scale agility through an organization successfully, top leaders must embrace its precepts and be willing to enhance their own capabilities significantly. Eventually, a full agile transformation will need to encompass building the mind-sets and capabilities of the entire senior leadership across the enterprise. To do this in an agile way, five elements are essential:

  • Build a cadre of enterprise agility coaches, a new kind of deeply experienced expert able to help leaders navigate the journey, supported by a leadership-transformation team.
  • Get the top team engaged in developing its own capabilities early on, as all senior leaders will take their cue from the executive team.
  • Create an immersive leadership experience (anything from a concentrated effort over three or four days to a learning journey over several months) to introduce the new mind-sets and capabilities, and roll it out to all senior leaders.
  • Invite leaders to apply their learning in practice, both in agile-transformation initiatives already under way and through launching new organizational experiments.
  • Roll out the leadership capability building at an agile tempo, with quarterly pauses to review the leadership experiences, experiments, and culture shifts over the past 90 days, and then finalize plans and priorities for the next 90 days.

Agile transformation is a high priority for an increasing number of organizations. More than any other factor, the key enabler to a successful agile transformation is to help leaders, particularly senior leaders, develop new mind-sets and capabilities. Doing so in an agile way will enable the organization to move faster, drive innovation, and both adapt to and shape its changing environment.

About the author(s)
Aaron De Smet is a senior partner in McKinsey’s Houston office, Michael Lurie is a senior expert in the Southern California office, and Andrew St George is an adviser to the firm and associate fellow of Said Business School, Oxford University.

The authors wish to thank Wouter Aghina, Karin Ahlback, Andre Andreazzi, Christopher Handscomb, Johanne Lavoie, and Christopher Paquette for their contributions to this article.

From digital process to digital product PTC and DCC Venice Value proposition

Un evento per toccare con mano le tecnologie in tema di sviluppo di uno smart product e di digitalizzazione della linea di produzione grazie alla collaborazione con PTC

Questo evento esclusivo ha offerto l’opportunità di scoprire i casi d’uso digitali in un’ottica End2End al DCC Venice sviluppati grazie ad un crescente network di player tecnologici, tra cui PTC.

L’appuntamento ha consentito inoltre di approfondire il valore che la collaborazione tra DCC Venice e PTC può portare nelle vostre realtà aziendali, trasferendo quanto appreso nella fabbrica modello in programmi di trasformazione digitale di successo.

La giornata ha permesso ai partecipanti di:

Comprendere la realtà del DCC Venice di McKinsey & Company, della sua offerta formativa e dei suoi programmi di consulenza

Entrare in contatto con esperienze di successo e best practice maturate dal centro con aziende di ogni dimensione

Sperimentare alcuni digital use case selezionati durante la visita guidata alla fabbrica modello realizzata nel DCC Venice quali lo sviluppo prodotto «smart», digital process, la manutenzione predittiva e la gestione della variabilità attraverso la realtà aumentata.

Comprendere la value proposition congiunta di McKinsey & Company e PTC e il valore di business che l’unione tra la tecnologia best-in-class PTC e l’approccio di McKinsey & Company possono apportare alle aziende

Scoprire le opportunità offerte dal DCC Venice (formazione esperienziale custom, programmi di consulenza e implementazione tecnologica).

Una nuova era per il settore industriale

McKinsey.it

La produzione industriale sta affrontando nuove sfide e chi non si attrezza in tempo rischia di restare fuori dai giochi. Quali azioni intraprendere per non farsi cogliere impreparati?

Alberto Bettoli è Senior Partner e leader dell’Industrial Sector per l’Ufficio del Mediterraneo di McKinsey & Company. In questa intervista, condotta da Cristina Bellini di McKinsey, propone un’ampia panoramica sul settore industriale, i principali trend che lo stanno trasformando e le strategie da adottare per cogliere le opportunità.

Cristina Bellini: Qual è lo stato di salute del settore industriale?

Alberto Bettoli: Quello industriale è un comparto molto florido, basti pensare che negli ultimi quindici anni si è posizionato stabilmente al terzo posto tra tutti i settori in termini di profitti generati – quasi 400 miliardi di dollari -, superando anche l’industria del software e quella tecnologica (Figura 1).

Figura 1

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Ma, come ha evidenziato una nostra recente analisi, questi quindici anni hanno avuto un andamento disomogeneo: abbiamo assistito a una fase di rapida crescita fino al 2007, a un crollo con successiva ripresa negli anni 2008-2010, mentre dal 2011 a oggi la situazione è rimasta piuttosto statica (Figura 2).

Figura 2

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Cristina Bellini: Il settore industriale include attività molto diversificate. Anche al suo interno l’andamento è stato disomogeneo?

Alberto Bettoli: In generale tutti i sotto-settori, ad eccezione di cables & wires, hanno generato un profitto economico positivo e nella maggior parte dei casi la creazione di valore è rimasta ampiamente distribuita anziché appannaggio di poche imprese (Figura 3).

Figura 3

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La ricerca ha però evidenziato un’alta variabilità nelle performance dei sotto-settori attraverso ogni ciclo, con risultati decisamente positivi per alcuni, ad esempio le tecnologie edili o le apparecchiature e i sensori per test e misure, e meno favorevoli per altri, come i già citati cables & wires.

Anche l’analisi economico-finanziaria delle singole aziende ha mostrato una notevole varianza nelle prestazioni e ha fatto vedere come in tutti i sotto-settori, compresi quelli meno performanti, alcune imprese siano state capaci di creare valore costantemente. Una delle distinzioni più interessanti emerse dalla ricerca è proprio tra leader leggard, tra chi riesce a rimanere in testa e crescere, e chi resta in coda o arretra.

Cristina Bellini: Quali sono le caratteristiche distintive delle aziende leader?

Alberto Bettoli: Diversamente da altri settori, in quello industriale “chi sei” conta ben poco, e infatti la dimensione dell’azienda, gli investimenti in capitale (Capex) e in R&D non sono correlati alla capacità di generare profitto economico. Ciò che conta realmente è “cosa hai fatto”, e dunque le scelte operate dal management in termini di qualità della crescita del fatturato, gestione del margine, strategia di M&A e allocazione delle risorse (Figura 4).

Figura 4

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L’analisi dei driver di performance ha fatto emergere alcuni elementi interessanti. Nel caso della strategia di M&A, ad esempio, numero e dimensione dei deal fanno la differenza: le aziende leader hanno stipulato in media il doppio di accordi rispetto ai leggard e i loro deal sono stati di dimensioni decisamente inferiori (Figura 5).

Figura 5

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Per fare un altro esempio, i leader hanno ridotto gli investimenti in R&D negli ultimi quindici anni, avvicinandosi su base proporzionale ai leggard, ma le scelte in merito all’allocazione delle risorse hanno fatto la differenza: le società leader hanno generato quasi il doppio di brevetti per milioni di dollari di spesa R&D e i loro brevetti sono risultati il 50% più forti (Figura 6).

Figura 6

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Cristina Bellini: Cosa devono fare le imprese “ritardatarie” per cercare di recuperare il passo?

Alberto Bettoli: L’ampiezza e la diversità del settore industriale rende difficile identificare una via univoca. Ogni azienda dovrà individuare in modo proattivo le proprie lacune rispetto alle best practice in termini di strategie, operations e modelli di business, e investire in modo adeguato per cercare di colmarle.

Cristina Bellini: E come riusciranno i leader a rafforzare o mantenere la loro posizione anche nel prossimo ciclo?

Alberto Bettoli: Di sicuro non sarà sufficiente impostare le azioni future sulla base di quanto accaduto negli ultimi quindici anni. Il contesto macroeconomico sta cambiando rapidamente e sarà necessario un approccio ben strutturato per capire in quale direzione si sta muovendo il proprio sotto-settore o segmento di prodotto e quali strategie adottare.

Un metodo molto utile da seguire è quello che abbiamo chiamato MIPA, ovvero Map, Identify, Prioritize, Act. Le imprese devono partire dalla mappatura delle tendenze macroeconomiche che possono influenzare la loro posizione sul mercato, identificarne l’impatto, dare priorità ai segmenti di prodotto con maggiori potenzialità di crescita e infine impostare un piano d’azione efficace su dove e come giocare sul mercato (Figura 7).

Figura 7

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Cristina Bellini: Come vedi le prospettive di crescita del settore industriale?

Alberto Bettoli: Alcuni trend macroeconomici di diversa natura – demografici, geografici, sociali, geopolitici, tecnologici o attinenti al mercato finale – si stanno imponendo a livello globale e avranno un forte impatto anche sulla crescita del settore industriale nel prossimo decennio (Figura 8).

Figura 8

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Le imprese con maggiori opportunità di sviluppo saranno quelle capaci di agire in modo efficace lungo tre direttrici: nuovi modelli di business smart, nuovi modelli operativi che rendano più agili i processi decisionali e nuove competenze focalizzate soprattutto sugli advanced analytics.

Innovazione digitale, analytics lean production avranno un’importanza sempre maggiore negli anni a venire. Per aiutare le imprese ad affrontare queste nuove sfide McKinsey ha creato i Digital Capability Center, strutture all’avanguardia in cui i manager possono acquisire le competenze necessarie per cogliere le opportunità dell’Industria 4.0.

Uno di questi centri, la Lean Experience Factory 4.0, si trova in Italia, ed è stato fondato nel 2011 da McKinsey insieme a Confindustria. Si tratta di un laboratorio esperienziale in cui i manager possono provare sul campo le tecnologie più avanzate e apprendere come realizzare la trasformazione digitale dei processi nelle loro aziende.

Per un paese come il nostro, che rappresenta la seconda economia manifatturiera d’Europa e una delle maggiori al mondo, la formazione su questi temi è, e sarà sempre più, un fattore imprescindibile di crescita e di sviluppo.

Autori

Alberto Bettoli è Senior Partner e leader dell’Industrial Sector per l’Ufficio del Mediterraneo di McKinsey & Company; è inoltre VP della Lean Experience Factory 4.0.

Cristina Bellini è Digital Communications Manager nell’ufficio McKinsey & Company di Milano.c