McKinsey and Fortune brought together more than 150 senior executives for the inaugural Brainstorm Reinvent conference, held in Chicago. The participants—representing organizations young and old, digitally native and digitally transitioning—were there to exchange ideas and lessons they’ve learned as their organizations undergo massive shifts created by technology and innovation. The most-discussed learning: the key to successful reinvention is culture.
McKinsey global managing partner Kevin Sneader kicked off the event by reminding executives of the need to continually reinvent their companies. He cautioned against becoming complacent when powerful trends like digitization take longer to bear fruit than anticipated. Kevin used the analogy of the transition from sailing ships to steam ships. Steam power took decades to completely overtake sailing, he explained. Meanwhile, rather than innovate, some ship builders continued to simply try to build a better sailing vessel, often by adding more sails. They became obsolete and missed the chance to become part of the new era of steam.
Europe’s average digital gap with the world’s leaders is now being compounded by an emerging gap in artificial intelligence.
On many metrics, the European economy and its businesses have been grappling for years to capture the full potential of current and previous generations of digital tools. It is now more than time to double down on Europe’s efforts to succeed in digital transformation, especially when a new set of digital technologies such as artificial intelligence (AI), are becoming more technically pervasive.
On average, Europe’s digital gap with the world’s leaders is now being compounded by an emerging gap with the world’s leaders in its development and corporate use of AI technologies. Without faster and more comprehensive engagement in AI, that gap could widen, especially for those European countries with relatively low AI-readiness.
Any minute now, some speculate, workers around the world will be asked to make way for robots.
Their arrival may be welcome in some cases. Our latest research suggests that when robots—or automated manufacturing technology—take over jobs that are oriented around repetitive tasks, operators are able to move onto more exciting and productive work.
Negli ultimi cinque anni McKinsey ha cambiato pelle. Una trasformazione guidata dalla digitalizzazione che ha riscritto le regole della consulenza strategica. Nel segno della formazione continua, a prescindere dall’età anagrafica, e di un rapporto sempre più stretto con le aziende-clienti.
Nel numero di Fortune Italia un’intervista a Massimo Giordano, che dal 2018 è alla guida dell’ufficio del Mediterraneo di McKinsey & Company: azienda che è tra le prime al mondo nella consulenza strategica alle imprese. Dalle acquisizioni dell’azienda all’open innovation, dall’intelligenza artificiale al restructuring, Giordano spiega come il ruolo del consulente sia cambiato: “non più solo raccomandazioni, ma un supporto finalizzato a eseguire le raccomandazioni. Non ci sostituiamo mai all’azienda, ma la aiutiamo a realizzare i suoi obiettivi e a sviluppare le competenze di cui ha bisogno”.
E in questo lavoro, secondo Giordano, è indispensabile smontare un luogo comune. “Le competenze digitali non riguardano solo i giovani: non è vero, ad esempio, che solo loro utilizzano i canali digitali, pensarla così sarebbe un grave errore di mercato. Inoltre, tutti noi dovremmo lavorare per aiutare anche le persone con profili professionali più maturi a riqualificarsi. È un tema a cui tengo tantissimo. Le aziende dovranno rivestire un ruolo trainante nella riqualificazione”
Per essere competitivi occorre ripensare il modello di servizio, focalizzandolo sul cliente, attraverso continui test e momenti di ascolto. Le aziende che integrano questa attività nel cuore del business, vedono aumentare i ricavi più velocemente. Come dimostra una ricerca del colosso McKinsey.
In un mondo sempre più digitale, che costringe le aziende a reinventare continuamente le modalità d’interazione con i propri clienti, il design ha un ruolo sempre più centrale. È la convinzione della società di consulenza globale McKinsey, che a questo ambito ha dedicato una serie di studi. Quali sono le regole da seguire e le strategie vincenti quando si (ri)disegna il modello di servizio? Forbes lo ha chiesto ad Andrea Peyracchia e Gianluca Brugnoli, rispettivamente partner e chief experience designer di Digital McKinsey.
La tecnologia e la digitalizzazione delle esperienze stanno rivoluzionando il modo di lavorare, la struttura delle organizzazioni, gli spazi fisici e logici dell’azienda.
Secondo stime recenti, nel 2022 il 65% della forza lavoro europea sarà composta da “mobile worker” e in Italia i professionisti che opereranno in mobilità saranno 10 milioni.
Ma quanto sono pronte le aziende regionali a recepire questo cambio di paradigma?
L’evento intende esplorare le opportunità offerte dallo smart working da diverse prospettive: da un lato offrire un aggiornamento normativo per comprendere il significato e i confini del lavoro agile, dall’altro esplorare le tecnologie a sostegno di questa innovativa modalità di lavoro, presentando strumenti e casi concreti, tratti direttamente dalle esperienze di aziende e enti regionali che hanno fatto ricorso con successo al lavoro agile.
L’incontro è organizzato da IP4FVG – il Digital Innovation Hub del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il DIH DIEX dedicato all’Advanced Manufacturing.
12 March 2019 – Via Borgo S. Antonio, 17 Pordenone
Il divario tra leader e inseguitori non solo è difficile da colmare, ma si sta ampliando negli anni. Per colmare questo divario, le aziende dovrebbero investire in alcune aree cruciali: digitalizzazione, talenti e competenze, allocazione dinamica delle risorse.
A livello mondiale, il 65% degli utili ante imposte fa capo a meno di 6mila società capaci di generare, ognuna, un fatturato annuo superiore al miliardo di dollari. All’interno di questo club di giganti, ce n’è uno ancora più ristretto e performante, composto da un 10% di imprese che, nel loro insieme, generano l’80% del valore economico del campione preso in esame. Questo dato riassume quella che può essere definita una “dinamica delle superstar”: organizzazioni che catturano una percentuale di profitti notevolmente superiore rispetto ai concorrenti e che alimentano nel tempo un divario crescente. Queste realtà condividono alcune caratteristiche, come livelli più elevati di digitalizzazione, competenze più solide e apertura all’innovazione, maggiore partecipazione e connessione ai flussi globali di beni, capitali e servizi, crescenti investimenti in R&S e asset intangibili. Nel report “Superstars: the dynamics of firms, sectors, and cities leading the global economy“, il think tank McKinsey Global Institute ha analizzato 5.750 aziende di tutto il mondo con un fatturato annuale superiore al miliardo di dollari. (..)
L’Industria 4.0 sta trasformando il mondo del Manufacturing, rendendo ancora più cruciale il tema dell’eccellenza operativa. Come attrezzarsi per il nuovo corso?
Sergio Farioli, Partner di McKinsey & Company, è un esperto di processi industriali, Industry 4.0 e tecniche Lean. In questa intervista, condotta da Cristina Bellini di McKinsey, illustra i profondi cambiamenti che stanno interessando il Manufacturing e i vantaggi che un approccio lean può portare alle imprese.
Cristina Bellini: Le tecniche Lean sono in uso da molto tempo e non sembrano passare di moda. Che benefici possono offrire alle aziende?
Sergio Farioli: L’approccio lean, che si è andato affermando soprattutto negli ultimi vent’anni, viene utilizzato da un numero sempre crescente di aziende per incrementare la produttività, abbassare i costi e rendere gli impianti più efficienti. Una Lean transformation ben orchestrata può rivelarsi uno strumento di recupero della competitività ad altissimo potenziale: 25% di riduzione dei costi e dei tempi di consegna, 25% di aumento della qualità e 80% di crescita della motivazione del personale.
Eppure oggi, come ha evidenziato una nostra recente survey, ci troviamo di fronte a un paradosso: proprio ora che l’approccio lean sembra stabilmente radicato nel DNA delle imprese, si scopre che la maggior parte di loro fatica a raggiungere i risultati attesi (Figura 1).
Figura 1
Cristina Bellini: Questo vuol dire che le tecniche Lean stanno perdendo la loro efficacia nel complicato contesto attuale?
Sergio Farioli: No, affatto. I principi base del lean restano ancora oggi indispensabili per migliorare produttività, qualità e affidabilità delle operations e si adattano perfettamente alla nuova fabbrica digitale e all’Industria 4.0. Le cause del mancato raggiungimento degli obiettivi sono piuttosto da ricercare altrove, in particolare nelle modalità in cui queste tecniche vengono applicate.
Per fare un esempio, prima di avviare un programma Lean le aziende dovrebbero fare una valutazione attenta e obiettiva dei loro attuali processi, mindset e competenze. Il senso di questa operazione è abbastanza chiaro: solo sapendo da dove si parte è possibile sviluppare una visione realistica del futuro e definire il cammino da percorrere. Eppure la maggior parte delle imprese non svolge questo compito con la dovuta diligenza, ritrovandosi a fissare priorità sbagliate e a indirizzare in modo erroneo gli investimenti.
Cristina Bellini: Come dovrebbe essere condotta questa valutazione preliminare per risultare davvero efficace?
Sergio Farioli: In base alla nostra esperienza un buon “maturity assessment” deve seguire alcuni principi fondamentali.
Innanzi tutto deve partire dalle reali necessità dell’azienda e non dai tool disponibili. Purtroppo molte aziende seguono il percorso inverso e adottano strumenti di cui non hanno valutato appieno l’utilità nel proprio contesto specifico, e si ritrovano a usare tecnologie che poi non riescono a portare a scala e sfruttare adeguatamente. Oppure, cosa ancora più grave, adottano le tecnologie corrette, ma non forniscono al personale una formazione adeguata.
Un’altra caratteristica di un buon assessment è la capacità di identificare azioni concrete di miglioramento e non limitarsi all’analisi delle performance correnti. Scoprire che una determinata prestazione è inferiore del 20% rispetto a quella ottenuta in altri impianti può essere senz’altro utile, ma non aiuta a impostare un piano d’azione. Un assessment serio dev’essere in grado di individuare le cause di una scarsa performance e suggerire le soluzioni più appropriate, tenendo conto delle condizioni specifiche del sito in esame, che possono variare in base alla geografia, al livello d’istruzione e di esperienza della forza lavoro, al mindset e alle skill dei manager.
Infine, cosa molto importante, deve essere condotto da un team indipendente di valutatori e svolto direttamente sul campo. L’osservazione diretta, elemento chiave del Lean Management, permette di raccogliere indicazioni preziose sulle competenze diffuse e sulla cultura che si respira nel luogo di lavoro, nonché di stabilire fin da subito una comunicazione diretta con la frontline, indispensabile per ottenere miglioramenti duraturi.
Cristina Bellini: Da quanto hai appena detto emerge che le competenze e la cultura aziendale svolgono un ruolo chiave. È una mia impressione o questi elementi sono ancora spesso sottovalutati dalle aziende?
Sergio Farioli: Purtroppo è così, e questo evidenzia un nuovo ordine di problemi. Molte aziende tendono a focalizzarsi esclusivamente sul ridisegno dei processi, dimenticando che l’approccio lean è ben più articolato e coinvolge l’organizzazione a tutti i livelli. L’Industria 4.0 richiede una trasformazione profonda del modus operandi, un cambio culturale radicale che deve necessariamente partire dal top management.
Competenze e cultura, d’altra parte, sono fondamentali per il successo di qualsiasi programma di trasformazione e sottovalutarne l’impatto può avere effetti molto deleteri. Una nostra ricerca ha mostrato che perfino i programmi più attentamente pianificati possono fallire a causa di un’implementazione mediocre in termini di ownership, committment e skill (Figura 2).
Figura 2
Cristina Bellini: Il digitale e le nuove tecnologie stanno investendo ogni settore, compreso quello manifatturiero. Che ruolo può giocare il Lean in questa nuova fase?
Sergio Farioli: Il mondo del Manufacturing sta cambiando profondamente. Il termine Industria 4.0 è ormai entrato nel linguaggio comune e suggerisce una produzione industriale sempre più automatizzata e interconnessa. Big Data, Advanced Analytics, Internet of Things e Machine Learning, per citare solo alcune delle tecnologie che si stanno affermando con forza, offrono alle imprese nuove grandi sfide ed enormi opportunità.
Siamo tuttavia convinti che lo straordinario apporto innovativo dell’Industria 4.0 non stravolgerà il sistema produttivo che si è andato sviluppando per più di un secolo. Non a caso preferiamo parlare di “evoluzione” piuttosto che di “rivoluzione”.
Nel prossimo contesto evolutivo le aziende avranno ancora bisogno di migliorare in modo continuo la produttività, la qualità e il livello di servizio, e la pressione in questo senso non andrà attenuandosi, anzi.
Per questo le tecniche Lean, sia quelle tradizionali sia quelle evolute in ottica digitale, rimarranno protagoniste indiscusse e l’approccio Lean risulterà fondamentale per realizzare una trasformazione digitale sostenibile.
Cristina Bellini: Come ci si può attrezzare per cogliere le opportunità offerte dall’Industria 4.0?
Sergio Farioli: Tutte le aziende, dalle più grandi alle più piccole, devono intraprendere una trasformazione digitale, e questo processo non è più rimandabile, pena la perdita di competitività e l’uscita dal mercato.
Una trasformazione digitale è un processo complesso e articolato, che richiede un vero e proprio cambiamento culturale. Come dicevo prima, questo cambiamento non può che partire dai vertici, dal top management, e toccare poi tutti i livelli dell’organizzazione. Deve cambiare il modus operandi all’interno dell’azienda e per farlo è fondamentale portare le persone, attraverso una formazione adeguata e l’acquisizione di nuove skill, ad agire comportamenti diversi e ad affrontare, con la giusta preparazione, un mondo del lavoro che sta radicalmente mutando.
Molte aziende hanno avviato questo percorso, ma si sono trovate in difficoltà nel portarlo a termine. Altre vorrebbero avviarlo, ma si rendono conto di non avere le competenze necessarie per affrontarlo.
Per assistere le imprese in questo delicato processo, in McKinsey abbiamo sviluppato un’ampia gamma di soluzioni che arricchiscono e integrano il nostro più tradizionale supporto alle imprese.
Attraverso McKinsey Implementation, che è costituita da professionisti con vasta esperienza nella gestione delle trasformazioni complesse, siamo in grado di accompagnare i clienti in tutte le fasi del processo di implementazione e aiutarli a trasformare le raccomandazioni ricevute nei risultati attesi.
Con i Digital Capability Center, un network globale di centri di apprendimento per l’eccellenza operativa, offriamo ai manager la possibilità di acquisire le competenze necessarie per realizzare con successo la trasformazione digitale. I nostri centri utilizzano concept di formazione innovativi e propongono una ricca offerta di moduli dedicati alle “digital operations”. Nella Lean Experience Factory 4.0 di Pordenone, ad esempio, i manager che partecipano ai percorsi formativi vengono guidati in un viaggio esperienziale attraverso un ambiente di produzione reale e diverse aree interattive, riuscendo così a toccare con mano i benefici concreti di una trasformazione digitale.
Autori Sergio Farioli è Partner nell’ufficio McKinsey & Company di Milano Cristina Bellini è Digital Communications Manager.
La Lean Experience Factory entra a far parte del Competence center del Triveneto – lo SMACT
C’erano 40 rappresentanti di enti pubblici e privati a firmare l’atto costitutivo della società consortile per azioni SMACT, pronta a gestire il Competence Center del Triveneto, che nasce con l’intento di favorire le collaborazioni tra ricerca e impresa nelle tecnologie “Industria 4.0”. Il nome della società è l’acronimo delle 5 tecnologie di cui si occuperà: Social, Mobile, Analytics, Cloud e Internet of Things. Il tutto all’interno dell’Aula Magna di Palazzo Bo, sede dell’ateneo patavino, capofila della società.
I soci fondatori di SMACT sono 8 università del Triveneto (Padova, Verona, Ca’ Foscari, IUAV, Trento, Bolzano, Udine e SISSA di Trieste), due enti di ricerca (l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e la Fondazione Bruno Kessler), la Camera di Commercio di Padova e 29 aziende private: ACCA software, Adige, Brovedani Group, CAREL Industries, Corvallis, Danieli & C. Officine Meccaniche, DBA lab, Electrolux Italia, EnginSoft, Eurosystem, Gruppo PAM, Innovation Factory, Intesa Sanpaolo, Keyline, Lean Experience Factory, Microtec, Miriade, Omitech, Optoelettronica Italia, OVS, SAVE, Schneider Electric, TEXA, TFM Automotive & Industry, Thetis, TIM, Umana, Wartsila Italia, Como Next.
Il Centro di Competenza ha ottenuto un finanziamento di 7 milioni di euro dal Ministero dello Sviluppo Economico per operare principalmente in 3 ambiti:
orientamento alle imprese, in particolare PMI, attraverso la predisposizione di una serie di strumenti volti a supportarle nel valutare il loro livello di maturità digitale e tecnologica;
formazione alle imprese, al fine di promuovere e diffondere le competenze in ambito Industria 4.0 mediante attività di formazione in aula, sulla linea produttiva e su applicazioni reali;
progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, proposti dalle imprese, e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico in ambito Industria 4.0, anche attraverso azioni di stimolo alla domanda di innovazione da parte delle imprese, in particolare delle PMI.
L’organo amministrativo di SMACT sarà un Consiglio di Gestione di 7 componenti guidato da Fabrizio Dughiero, prorettore dell’Università di Padova per il trasferimento tecnologico. La sede legale e amministrativa dello SMACT è al Campus Economico San Giobbe dell’Università Ca’ Foscari Venezia. Il presidente del consiglio di vigilanza sarà Daniele Finocchiaro, presidente del consiglio di amministrazione dell’Università di Trento. Il neo-presidente di SMACT ha dichiarato:
«Dopo circa due anni di lavoro, iniziato con un accordo dei Rettori del Triveneto firmato il 30 novembre 2016, finalmente trova compimento la costituzione di SMACT. Attraverso questa nuova forma di partenariato pubblico-privato si vuole far crescere la cultura digitale delle nostre imprese, soprattutto le PMI. La formazione, la dimostrazione sul campo e lo sviluppo di progetti di innovazione ad alto contenuto tecnologico saranno gli assi portanti del Centro. Da gennaio saremo già operativi con le sedi principali di Padova, Trento/Bolzano e Trieste/Udine, dove saranno collocate le cosiddette “live demo”, vere e proprie “navi-scuola” in cui le tecnologie potranno essere toccate con mano». Dughiero ha già firmato l’accordo per la concessione del finanziamento da parte del MISE. La società sarà gestita da un management team di alta professionalità comprendente un Direttore Generale e 6 collaboratori. Il primo passo operativo di SMACT sarà la pubblicazione del bando di selezione del Direttore Generale.
Alla LEF gli studenti del 4° e 5° anno delle superiori del Pordenonese e dell’Udinese frequentano il corso “ABC della trasformazione digitale”
Pordenone, 9 dicembre 2018 – Avvicinare i giovani al futuro facendolo grazie all’accesso in una zona neutrale, la LEF – e il Digital Innovation Hub in essa ospitato – che non è né scuola né lavoro, con la leva suggestiva della trasformazione digitale: è questo il senso del corso di formazione dedicato agli studenti di dieci istituti, cinque di Pordenone e altrettanti di Udine, frequentanti il quarto e quinto anno, iniziato alla Lean Experience Factory di San Vito al Tagliamento. Ad oggi hanno già avuto modo di intervenire ISIS Malignani, ISIS Solari di Tolmezzo, ISIS D’Aronco di Gemona del Friuli, ISIS della Bassa Friulana Cervignano del Friuli, IT Bearzi Udine Via Don Giovanni Bosco, ISIS Paolo Sarpi San Vito e IIS Il Tagliamento Spilimbergo.
Una iniziativa che si inserisce nell’ambito di IP4FVG, progetto coordinato da Area Science Park che mira a supportare la digitalizzazione delle imprese. Un primo test-banco di prova che sarà certamente rafforzato in futuro. Ai giovani, dentro la LEF, vengono fornite le fondamenta teoriche della trasformazione eppoi quelle pratiche: predictive maintenance, business intelligence safety 4.0, servitizzazione di prodotto, digital quality e tutto quanto ruota attorno alla quarta rivoluzione industriale. Terminato il corso i partecipanti possederanno una prima base di competenze per comprendere il futuro e, parallelamente, qualche spunto di orientamento professionale in più. e hanno ancora a disposizione del tempo non essendo focalizzati alla maturità. Una sorta di Alternanza scuola lavoro, dato che LEF è un ambiente risk free neutral, un laboratorio adatto a far comprendere la fabbrica agli studenti delle scuole.